di

Placido Munafò

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La definizione diciamo classica di “copia” è una imitazione fedele di un determinato oggetto/opera che si identifica come originale (Cfr. voce copia dell’enciclopedia Treccani). In passato la realizzazione della copia era strettamente legata alle capacità individuale della persona che la eseguiva coadiuvata dalla sua cultura/conoscenza e per realizzarla non poteva che affidarsi alla sua capacità visiva e manuale. Nell’era moderna la copia è realizzabile anche grazie ai sistemi tecnologici  come ad esempio la fotografia, lo

scanner, ecc. e di conseguenza l’uso della copia si è nel tempo notevolmente ridotto pur rimanendo inalterato il suo utilizzo  a scopo di studio, per contro esiste anche l’uso della copia intesa come contraffazione (ad esempio di opera d’arte, di prodotti, di banconote, ecc.). La copia è stata frequentemente utilizzata per la scultura, meno per la pittura  molto più rare sono invece le copie in architettura. I Romani copiarono moltissime statue greche, affascinati dall’arte classica che li spingeva a copiarla/riprodurla. La copia diventa mezzo per gli storici per interpretare e risalire all’orientamento culturale, al gusto/moda e alle tecniche di lavorazione nelle differenti epoche storiche. Nel campo delle arti si pone il problema della “distinguibilità” della copia dall’originale che fu una vera preoccupazione per il Vasari che riteneva la copia il livello più basso nei valori estetici. Fino a tutto ‘800 sono preminenti nella copia i valori  legati all’esecuzione e alla sua visibilità. Sovente le copie di importati opere pittoriche sono state eseguite da pittori di fama e non solo come imitazione, ma anche come una sorta di “aggiornamento” ai gusti del tempo ed anche in questo caso si può rintracciare l’utilità per gli storici della copia ad interpretazione della cultura  nei differenti periodi storici ed è anche per questo che le copie sono spesso catalogate e raccolte anche nei musei. La distinguibilità della copia dall’originale può testimoniare  la volontà di migliorarla o differenziarla con un apporto autonomo di chi esegue. La copia e in epoca moderna ma anche in epoca rinascimentale  assume un significato culturale di interpretazione critica dell’originale qualificandosi proprio come un “fatto materiale interpretativo”, in natta antitesi con le copie medioevali che avevano una funzione solo iconografica.

Quali sono le differenze o le analogie tra “copia” e “imitazione”?

Il temine “imitazione” può essere inteso come riproduzione più o meno realistica/abile di un oggetto, non una “replica”, ma piuttosto come un suo “equivalente”, una alterazione/degrado/imperfezione dell’oggetto originale stesso, condizionata anche dalle modalità/tecniche costruttive con cui l’imitazione è realizzata. L’imitazione in questa accezione può essere considerata equivalente alla copia e può essere utilizzata come una modalità/processo  che consente di comprendere la storia (scopo). Differente è invece il concetto di “replica” meccanica di un oggetto in un processo di produzione industriale di serie (replicabilità dell’oggetto) non assimilabile alla copia/imitazione, perché nella “replica meccanica” si utilizzano gli stessi procedimenti in uguali condizioni. Altra differenza sta nel piacere intelletuale/visivo nel ricercare nella imitazione  una conferma all’oggetto originale.

In architettura copia è generalmente intesa come una “rielaborazione” personale dell’Architetto, mentre il “falso” che in questo ambito è affine alla “copia”, ha uno scopo esclusivamente didattico e culturale, come metodo o mezzo per meglio comprendere il passato. Differenza sostanziale, perché le opere architettoniche a differenza delle sculture, hanno lo scopo di racchiudere in uno spazio una funzione legata all’attività umana che non può essere propria della copia o falso che ha tutt’altro scopo.

Riferimenti

Enciclopedia Treccani

Enciclopedia Einaudi

Enciclopedia Europea

Enciclopedia di Architettura e Urbanistica

 

APPENDICE

“il caso dell’orologio della Torre Civica a Macerata”

    

Nuovo orologio                                              Vecchio orologio                Affresco dietro vecchio orologio

 

A Macerata recentemente è stato sostituito il Vecchio orologio sulla Torre Civica in P.zza della Libertà, risalente alla seconda metà dell’ottocento con uno nuovo che “vorrebbe” imitare o richiamare il più vecchio orologio che fu tolto dalla Torre nella prima metà dell’800. Di questo più antico orologio non si hanno documenti che possano far risalire a come era fatto e non se ne ha memoria, se non in pochi reperti consistenti in una parte del quadrante e qualche pupo che facevano parte di un meccanismo che li faceva fuoriuscire al battere di certe ore. Si presume che conci in pietra, poi tolte per far spazio all’orologio ottocentesco, lo incorniciavano e ne facevano in parte da supporto, ma di questi ornamenti in pietra non si hanno notizie né su come erano collocate, lavorate, né dove e come furono eventualmente reimpiegate. Le informazioni su questo più antico orologio sono talmente scarse e vaghe che durate i lavori per installare il nuovo orologio, con sorpresa di tutti, una volta rimosso l’orologio ottocentesco, viene scoperta una nicchia con all’interno un affresco raffigurante un celo stellato.

Il Nuovo orologio è stato realizzato e progettato da un noto orologiaio specialista in questo tipo di meccanismi. La realizzazione di questo orologio è stata pensata facendo riferimento a meccanismi analoghi di altri orologi dei secoli passati e la sua estetica segue in parte questa impostazione ricorrendo però a materiali moderni quali le resine fibro-rinforzate.

Un intervento estemporaneo senza alcuna collocazione storico-culturale.

Infatti, mancando documenti e notizie sull’antico orologio in considerazione della definizione di copia, imitazione e rielaborazione questo intervento NON trova riscontro in nessuna di queste definizioni.

Da qui l’estemporaneità gratuita dell’intervento che non conferisce alla Torre Civica alcun valore aggiunto, e tantomeno può essere preso in considerazione come una modalità/mezzo per meglio conoscere la storia come dimostra anche e non solo, l’occultamento della nicchia con l’affresco.

Credo, se proprio si voleva sostituire il vecchio orologio ottocentesco, questa operazione andava fatta con maggiore oculatezza  e cognizione di causa. Poteva ad esempio utilizzarsi il linguaggio attuale, senza scimmiottare goffamente quello del passato per richiamare la storia e fare in modo per il poco che è possibile, che sia funzionale a meglio comprenderla. Si poteva così ad esempio sostituire il vecchio orologio, con una semplice lastra di vetro stratificato, appositamente vincolata alla torre con profili metallici leggeri e nascosti e far apparire il nuovo quadrante dell’orologio virtuale in trasparenza utilizzando la tecnologia led lasciando così la possibilità di vedere/intravedere la nicchia con l’affresco. In questo caso, sarebbe stato un intervento che  usando un linguaggio e tecnologie attuali, avrebbe raggiunto gli obietti di  semplicità, pulizia di immagine, leggerezza, economicità (meno costoso) e rispettoso delle preesistenze